lunedì 12 aprile 2010
VIBO VALENTIA, FUORI LA 'NDRANGHETA DALLA PROCESSIONE DI SANT’ONOFRIO
di Carmen Vogani
La manifestazione religiosa dell’11 aprile, a Sant’Onofrio, in provincia di Vibo Valentia, è diventata un’occasione per dire di no alla mafia, questo è il dato positivo. Come si sia arrivati alla processione ripulita dai boss mafiosi, invece, è una storia ormai nota, di quelle che riescono a saltare il muro dell’indifferenza e arrivano addirittura a solleticare l’interesse degli organi di informazione nazionale.
E’ successo un fatto tanto inusuale quanto importante in Calabria, la Chiesa ha condannato la ‘ndrangheta con una misura che si è rivelata, spiace dirlo visti i risvolti, efficace. Il vescovo di Mileto, Luigi Renzo, ha mandato nelle parrocchie una serie di raccomandazioni per lo svolgimento, decisamente sacro, delle manifestazioni pubbliche. Una tra le ‘buone regole’ in particolare condannava le ‘ndrine a pagar pegno: fuori dalle processioni. A questo punto della storia, una pagina piena di coraggio e responsabilità civile la scrivono il parroco di Sant’Onofrio, don Franco Fragalà e il priore della confraternita, Michele Virdò. La novità per la domenica di Pasqua nel vibonese è che le statue della Madonna Addolorata, di San Giovanni e del Cristo Risorto, non saranno portate a spalla dagli ‘uomini d’onore’, i ‘portatori’ saranno sorteggiati. In molti comuni calabresi, accanto a coloro che per voto o devozione sorreggono le statue religiose, sfilano anche i mafiosi, è un simbolo di forza da esibire a tutta la comunità, la perversa investitura del loro potere.
Il pentito Rosario Michenzi, autista del commando della strage dell'Epifania negli anni ’90 (la faida consumata tra la cosca dei Petrolo e quella dei Bonavota, quest’ultimi mantengono tutt’oggi il controllo del territorio), aveva raccontato che a Sant’Onofrio, gli affiliati alla ‘ndrangheta ufficializzano il loro rito di iniziazione proprio nella festa dell’Affruntata portando sulle spalle la statua di San Giovanni.
A Sant’Onofrio, dove il comune è stato sciolto per presunti condizionamenti mafiosi, non appena si è alzata la voce dell’antimafia, il colpo della pistola ha risposto; sabato 3 aprile, la notte prima di Pasqua, la 'ndrangheta ha sparato alcuni colpi di arma da fuoco al cancello della casa del priore Michele Virdò. Dunque, per motivi di sicurezza, la Pasqua di Sant’Onofrio ha rinunciato all’Affruntata, posticipata alla domenica successiva, quella dell’11 aprile.
Domenica 11 aprile a Sant’Onofrio c’erano autorità dello Stato, politiche, militari e tanti cittadini, qualcuno ha perfino storto il naso: “Questa è la festa di noi del posto – ha detto ai microfoni del Tg1 una donna del vibonese – questa non è la festa degli stranieri”. Qualcun altro è rimasto a casa, magari ha sbirciato dalla finestra, perché scendere in piazza a venerare il Santo poteva diventare un segno particolare, d’altronde i colpi della pistola non hanno lasciato la traccia solo sulla casa di Michele Virdò. La cerimonia si è conclusa con il rito di sempre, il priore Virdò ha tolto il velo nero della Madonna Addolorata. Per togliere il velo dell’omertà e delle collusioni con la ’ndrangheta, invece, bisognerà aspettare… un miracolo.
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